Lorenzo Tornabuoni è un pittore diffìcile; tanto più misterioso quanto più sembra piano, immediato e di immagine semplice.
C'è in lui una sorta di grandiosità di concezione, un fare grande già mentale, insito nell'origine stessa dell'immagine; questo da alla sua pittura un tono epico, ma non esternato in eccedenze, tutto interno invece; e in questa sua interiorità tutto necessario punto per punto e quindi tutto costruito in poesia. Nella pittura di Tornabuoni ogni cosa è essenziale, il corpo, il gesto, lo spazio, quel poco di fondo, quell'accenno di cielo, di parete, di atmosfera. Ma questo suo mondo glorioso e maliconico, questa forma essenziale e luminosa, conoscono un'insidia: è il non finito, il punto dove la pittura sembra non portata a termine, dove la forma sembra esaurirsi in un accenno, il punto di frantumazione, di assenza; è quello lo spiraglio attraverso il quale si insinua il tragico.
A Tornabuoni è sufficiente pochissimo, a volte un tratto solo di giallo entro una intera immagine, per creare grande pittura. In questo modo il suo fare epico, la sua forma felice, il suo tratto di giallo, sono tragici.



Dialogo


Agosto