Londra una piccola folla ascolta un venditore

Ingranaggi a Porta Portese




Temerario e delicato.
Nell'arte e nella vita.
Quando si cala senza bombole nell'Egeo per scovare una cernia impermalita a restare per sempre nella sua tana abissale, e risale, e riscende, risale, solo per far contenti quattro amici golosi di pesce.
Quando s'inerpica sulle vertiginose torri di trivellazione del petrolio senza particolari accorgimenti, più per catturare le misteriose geometrie della materia che per sfidare la situazione spericolata, eccezionale.
Enzo, Enzo Ragazzini è così, è sempre stato così, con la sua forza salvifica, protettiva, temperata dalla tenerezza dei gesti e dalla ineluttabile eleganza dei risultati.
Così dalla sua camera oscura sono uscite, nei decenni, meraviglie che documentano il suo spirito erratico, avventuroso (ha girato fotografando tre quarti di mondo), e la sua stanzialità scientifica, meditativa, che in laboratorio, per purezza e esattezza, lo ha portato a scoperte formali tanto innovatrici da istituire una vera e propria svolta nel campo dell'immagine.
È sempre stato così finché...
Finché ha pensato di fotografare l'infotografabile, qualcosa che ognuno di noi percepisce, sa, qualcosa che ognuno di noi è, ma che non aveva mai avuto, sembrava non poter avere mai, una figurazione soggettiva unitaria.
Vale a dire: Enzo Ragazzini ha fotografato la struttura molecolare dell'eros.
Dell'eros di ognuno di noi.
E per mutare l'impossibile in possibile, ha preso del materiale pornografico e lo ha violato; ha brutalizzato, attraverso i procedimenti più vari, l'ottusità di quel codice, l'esplicitissima semplificazione, la banalità ripetitiva, l'ossessiva invalicabile noia, per smascherarsi.
E ci ha smascherato.
Davanti alle stupende solarizzazioni, dove ogni forma, ogni dettaglio palpita (per via della separazione di tono a colori?) di un proprio orgasmo autonomo che sembra destinato a non finire più, le guardiamo e ci ritroviamo sgomenti e scandalizzati dalla potenza del nostro desiderio, qui, ora, in piedi, noi: così: accartocciati o combusti da quella violenza, da quella decomposizione, dalla magnificenza di quella morte che fa tremenda e vivibile la nostra vita.

Ludovica Ripa di Meana