Lucy MacGillis: l'essenza del tempo attraverso la luce
Lucy MacGillis è americana ma il suo cuore, la sua
anima e la sua sensibilità artistica sono
profondamente umbre: senza quei paesaggi, quei silenzi ininterrotti
e la possibilità di un profondo
isolamento a tu per tu con questa realtà talmente lontana
dalle sue origini, l'artista forse non
avrebbe mai potuto ricercare un'appropriata dimensione creativa.
La luce e il suo mutare con il trascorrere delle ore funge
da "fil rouge" di tutta la sua opera ed è
quindi da considerarsi l'oggetto costante di una continua
ricerca alla quale l'artista infatti approda sempre con identico
rigore intellettuale e stilistico, sia che si tratti di paesaggi
(Ponte Rio I; Ponte Rio II) che di nature morte (Melagrane
nell'Angolo) o di scorci di interni domestici (La Camera I;
La Camera II). Nei suoi olii su tela appaiono evidenti le
citazioni più tipiche della pittura morandiana: eppure
una brocca isolata, una composizione con frutta appena raccolta
o le vedute riprodotte"en plein air"di paesaggi
della campagna circostante, non intendono esaltare il rigore
di una citazione ma sono piuttosto la testimonianza della
serena naturalezza o se vogliamo la nostalgica rievocazione
di cui la MacGillis coglie l'eco profonda mettendo in evidenza
come l'opera di questo artista bolognese e internazionale,
sia oggi una parte cosciente del proprio operare artistico.
In questo suo rievocare, dai dipinti emerge un lieve respiro
poetico spesso sottolineato da più forti impasti materici
che modellati dalla spatola assumono il valore di conduttori
di luce ma anche di contrasti tra la luce e la penombra raccontata
attraverso essenziali impressioni di ambienti (La Soffitta).
In tutta l'opera di questa giovane artista originaria del
Massachussetts e appena 26enne, paiono coesistere due forti
esigenze: la necessità di dipingere in diretto contatto
con la natura, tralasciando perciò più facili
trasporti intuitivi per cogliere dal vero gli aspetti di una
realtà contadina in cui adesso abita (ma non distante
dal caos metropolitano), e la voglia di approfondire la conoscenza
storica di questa terra e dei suoi abitanti, per poterlo raccontare
attraverso il proprio lavoro a cui si dedica con inesauribile
energia. Durante questo percorso formativo, c'è un
altro fattore che ci aiuta a comprendere la sua opera. E'
il sentimento del tempo che passa, quello presente, fatto
di ore appena vissute e che dall'alba all'imbrunire trascorrono
non senza che l'artista si soffermi a registrarne i mutamenti
contingenti.
Esiste poi "il tempo che fu" e che lentamente va
riaffiorando sulle tracce di preesistenze di un tempo immemorabile.
Così, con grande fatica accentuata dalla lingua e dalla
cultura differenti dalle proprie, MacGillis tenta di far rivivere
la lunga catena che ha legato le vecchie generazioni perdute
l'una alle altre: mimesi tra la storia degli uomini e della
terra, tra la materia del corpo e quella dei paesaggi naturali.
Ma dell'uomo, nei suoi dipinti, solo una traccia: il fazzoletto
rosso abbandonato su di una sedia, un cappello appoggiato
su di un tavolo di legno, le lenzuola pulite di un letto ben
fatto e pronte ad accoglierlo dopo una lunga giornata di lavoro.
Si riconoscono ambienti ordinati, curati, abitati dall'uomo.
Un linguaggio visivo ricco di rimandi simbolici e di richiami
a suggestioni, ora vissute in prima persona su questa terra
umbra che ella ama profondamente, ora solamente immaginate,
attraverso la romantica e curiosa attitudine della giovane
pittrice, nel raccogliere utensili abbandonati tra le mura
diroccate di vecchi casali.
In questo rapporto in diretto contatto con il suo ambiente
e gli oggetti che lo abitano, MacGillis prosegue nello studio
e tenta nuovi accostamenti di colori soprattutto nelle nature
morte. Qui lo schema compositivo degli oggetti rappresentati
su di un piano -brocche di peltro arrugginito, vecchi vasi
scheggiati, caffettiere fuori uso-, rivelano ancora una volta
un'accentuata sensibilità naturalistica. Così
è possibile scorgere il rosso limpido e squillante
del mattone di terracotta lavorato a mano -e regalato all'artista
in visita alla fabbrica di Castel Viscardo- volutamente posto
in contrasto in tutta la sua sapiente, rossa vivacità
ad esaltare i toni miti e delicati degli altri elementi che
animano la composizione, e riscontrare un'equilibrata armonia
cromatica (Castel Viscardo). Altrettanta purezza si scorge
nei toni ora giallastri, ora più verdi delle tele con
paesaggi o delle pianure abitate da piccole case di contadini
e rappresentate al cangiare della luce (Studio della Fattoria
I; Studio della Fattoria II): la "golden hour" che
cambia al mutare delle stagioni.
Lucy MacGillis si pone di fronte ai soggetti che vuole rappresentare
con la stessa semplicità e con la stessa energia che
ritroviamo sulle tele. Alla base resta sempre lo studio del
colore, ora estrapolato tra delicate gamme per fondersi in
un contesto di scenari dai toni intimisti, ora energico e
materico come gli elementi naturali da cui discende, come
anche gli oggetti in cui si identifica. In entrambe le situazioni
non sono i particolari stati d'animo della pittrice americana
a condizionare l'opera ma piuttosto un'equilibrata voglia
di procedere in questo personale cammino stilistico e storico
nell'approfondimento delle proprie capacità tecniche.
"Ogni cosa influenza la mia opera" afferma la MacGillis
"se sono alla Stazione Ferroviaria, il ritmo scandito
dal rumore del treno che passa, il fumo e il calore, la campanella
che suona mentre una voce annuncia l'arrivo di un convoglio,
tutto ciò contribuisce alla riuscita finale del mio
lavoro e ne è parte davvero indispensabile."
Miriam Castelnuovo
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